Thursday 31 January 2008

Piove, governo ladro...

Non ci crederete. O forse si.
Dopo 20 e piu` ore di Bus, un estenuante Rio De Janeiro - Floranopolis alla conquista del nostro spazio sulla sabbia delle piu` belle spiaggie Brasiliane, siamo confinati nella nostra stanza a causa del fantozziano maltempo. Il comune di questa ridente cittadina ha dichiarato lo stato di emergenza allagamento, piove a dirotto da tre giorni ormai ed i locali si sono persino rassegnati a rinunciare a quella che e` definita la migliore parata di Carnevale del sud della nazione.
E c`e` dell`altro. Pare sia sempre piu` reale la possibilita` di non poterci muoverse da questo paradiso fino a domenica, le previsioni del tempo dicono male (Thunderstorms non suona tanto bene...).
Certo, col sole questo posto un paradiso deve proprio esserlo... Ma se piove che si fa? Nel mio caso, si riflette (oltre a scrivere nuovi post sul blog). In fondo, perche` non assaporare anche i momenti meno solari (letteralmente) del viaggio? Vederne i lati positivi, ecco. E la riflessione mi porta, ancora una volta, ad estendere il sigificato del viaggio alla vita stessa. Al cercare sempre i lati positivi, trovandoli.
Alla fine questa pioggia non mi dispiace piu` di tanto. Il suo catartico motivo ce l`avra` pure. E ripenso a tutto quello che mi faceva veramente incazzare della mia vita pre-partenza: la metro che non arriva, il bus strapieno, il cellulare che non prende... la pioggia era una di queste cose. Non ora pero`.
E se si rimane bloccati qui, pazienza. Ne approfittero` per cercare, finalmente, di iniziare Nicola alle carte Napoletane. Scopa, sette e mezzo ed asso pigliatutto. Magari coinvolgo anche qualche autoctono...

Monday 28 January 2008

Rio de Janeiro

Terzo giorno a Rio De Janeiro, Brasile.
La citta' e' una delle piu' belle che ho visto in vita mia, incredibilmente simile a Napoli, mi sento a casa ad ogni angolo. La poverta' gira per le strade allegra, a braccetto con una ricchezza sporadica ma presente, tutto a ritmo di samba. Unica citta' dove i poveri gurdano i ricchi dall'alto in basso, arroccati nelle loro favelas scrutano la bella gente delle spiaggie di Ipanema e Leblon.
Il mondo cosiddetto civile e' per loro praticamente un'attrazione, tanto che quando oggi ho visitato la piu' grande favela del Sud America, Rocinha, mi sono sentito un fenomeno da baraccone piu' che un turista. Al nostro passaggio la parola piu' comune pronunciata dai locali era "gringos!".
Nonostante tutto pero', mi sono sentito ancora una volta in un ambiente familiare. Era come girare tra i palazzi di Secondigliano o i vicoli piu' remoti di Napoli, dove domina un'atmosfera meno esotica ma la stessa filosofia di vita: megilo campare di assistenza e carita' che lavorare ed essere parte della societa'. Per noi il tempo e' denaro, per gli abitanti delle favelas di Rio come di Napoli il tempo e' vita da vivere.
Altra similitudine strabiliante e' l'invenzione di figure professionali fantasiose e piu' o meno legali: lo spingitore di bottoni negli ascensori (se ne trova uno ad ogni ascensore della citta') ed i mototaxi che, a bordo di vecchie ma potenti motociclette, per un paio di Reais portano locali e non dalle pendici delle favelas al loro ingresso.
Domani ci spostiamo verso sud, destinazione Floranopolis, una cittadina sull'isola di Santa Caterina. Ci hanno detto delle sue spiaggie mozzafiato (18 ore di bus, spero ne valga la pena!), confidiamo nelle previsioni del tempo...


Due foto di Rocinha, la piu' grande favela del Sudamerica. Nella seconda immagine, si puo' notare il contrasto del suo confinare con una zona ricca di hotels di lusso per "gringos".

Thursday 24 January 2008

Dopo cena

Appena tornati dall'ultima cena prima della partenza. Ristorante italiano a Londra, uno dei tanti. Non male, probabilmente l'ulima pasta decente che mangerò in sei mesi.
Tutto tranquillo, se non fosse stato per il mio schierarmi dalla parte di chi supporta lo 'smoking ban'. Scomoda posizione, idiosincrasia con la mia anima gemella.
Io, fumatore, sono contento che non si fumi più al chiuso. In ristoranti e locali vari ci vivo da quando sono emigrante, ho sempre lavorato in sala e tornare a casa con l'uniforme non impregnata di fumo non mi dispiace affatto.
Poi c'è il fattore libertà. E rispetto per il prossimo. Allora mi dicono che sono troppo comunista, che se non vuoi fumare passivamente allora non lavorare nella ristorazione. E se sei un cliente non fumatore (vergogna), allora vai nei locali 'smokefree', che prima del divieto ce ne erano tanti comunque (?!).
Mah... Non è una questione di fede politica, no, essere comunista o che. E' che sono emigrante. Lontano da casa, nel mio caso, si diventa più rispettosi.
Cambio argomento.
Il viaggio. Prima tappa Rio de Janeiro, Brasile. Ed ancora non ho fatto la borsa. Cazzo la borsa...
Ok, telefonata a casa. Come stanno? Tutti bene. Mamma un pò triste. Continua a non capire il perchè di un viaggio di sei mesi intorno al mondo. Dopotutto, appartengo ad un'altra generazione. Non so che dire. Come tutti quelli che partono, so da cosa fuggo: da niente. Stavolta, non ho nulla di concreto da cui fuggire. Semplicemente, non ho trovato un solo buon motivo per non partire. E, stereotipicamente, non so quello che cerco.
Si mamma, si che ci sentiamo al telefono. Almeno una volta a settimana, ok...
Buonanotte.

Ci siamo, quasi...

Ok, ok... Casa nostra è praticamente nuda, le ultime telefonate alla banca, alla compagnia del gas e scocciatori vari e poi... e poi la borsa. Come si prepara la borsa se sarai in viaggio per sei mesi? Ho letto guide cartacee e virtuali, consultato amici viaggiatori e non, ma ancora non so decidere cosa portare e cosa lasciare.
Sono uno di quelli che in vacanza portano con sè l'indispensabile, che si rivelerà totalmente inutile una volta arrivato a destinazione, finendo per usare ogni giorno gli stessi vestiti. Ovviamente non me lo posso permettere se sto partendo per un viaggio intorno al mondo. Quindi sono in profonda crisi.
E poi le stanze vuote mi mettono tristezza...
Meglio uscire a mangiare un boccone.